Se il biglietto di Stato da 10 lire con l’effige di Vittorio Emanuele III fosse stato un’elegante signora, la sua storia sarebbe stata l’ottima fonte di ispirazione per un regista. Ma scopriamo meglio i fatti.
Nel 1915 sul trono del Regno d’Italia sedeva da tre lustri Vittorio Emanuele III, succeduto al padre Umberto I a seguito dell’assassinio di Monza del 29 luglio 1900. Il 24 maggio l’Italia dichiarava guerra all’Austria e fin dall’inizio delle ostilità il re fu costantemente presente al fronte, affidando parte delle sue funzioni allo zio Tommaso di Savoia-Genova, che rimase Luogotenente per circa quattro anni, fino al 6 giugno 1919.
All’incirca dal 1900, la stampa delle banconote nei tagli da 50 a 1000 lire era affidata a soli tre istituti: la Banca d’Italia, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. La gestione dei tagli più piccoli in carta, da 1 a 25 lire, denominati Buoni di Cassa e Biglietti di Stato, era compito del Ministero del Tesoro. Si occupava quindi della stampa l’Officina Governativa Carte-Valori di Torino.
Il Ministero del Tesoro aveva già provveduto ad autorizzare, tra il 1902 e il 1914, la progettazione e la realizzazione di biglietti con l’effige del nuovo re, prima per il taglio da 25 lire (1902), poi per quello da 5 (1904) ed infine, insieme, per 1 e 2 lire (1914). L’ordine utilizzato per l’ammodernamento della serie aveva seguito la logica del valore facciale secondo un ordine decrescente di taglio, ma mancava il biglietto da 10 lire!
Il taglio da 10 lire veniva stampato ancora con la raffigurazione del re Umberto I. La grafica utilizzata per il retro aveva subito una modifica nel 1888, con cui era stato introdotto un nuovo rosone che circondava la filigrana ed uno che racchiudeva la cifra “10”. Tuttavia la stampa frontale era inalterata dal 1883, con l’effige del Re nella metà sinistra.
Eppure all’Officina Governativa il primo tentativo di introduzione di un nuovo esemplare da 10 lire era già iniziato nel 1902, poco prima di lavorare al taglio da 5. Vennero realizzati almeno sei diversi bozzetti su carta fotografica con l’effige del giovane re, contenenti elementi grafici molto simili a quelli che si troveranno poco dopo anche sul taglio più piccolo. L’effige di Vittorio Emanuele III compariva sempre a sinistra. A destra, un’aquila rivolta verso il centro, come nel taglio da 5 lire, oppure un’aquila araldica spiegata e coronata, con lo scudo sabaudo nel petto, che sovrasta lo spazio bianco dedicato alla filigrana; al centro in alto la legenda e i riferimenti legislativi, gli stessi del modello precedente. Il tutto in pieno stile Liberty, con puttini e richiami floreali a completare la scena.
Al retro, ribaltato sul lato più lungo, risaltava la dicitura “LIRE 10” contornata nuovamente da elementi floreali che riunivano graficamente gli spazi dedicati ancora alla filigrana, al monito per i falsificatori e ai regi decreti. Per questi ultimi vennero riportate date di fantasia, infatti, a seguito di approfondite ricerche storiche, non è stato riscontrato alcun decreto che avesse per oggetto la creazione di un nuovo biglietto in quei mesi.
Nonostante lo studio preliminare fosse già in fase avanzata, il progetto evidentemente si arenò per la prima volta. Ad oggi, non esistono documenti che ci consentano di conoscere con certezza il motivo dello stop. Tuttavia possiamo ipotizzarlo sulla base di quanto era appena accaduto al taglio da 25 lire: una vicenda nota agli studiosi e appassionati di cartamoneta, che ha reso il 25 lire del 1902 il biglietto italiano più desiderato dai collezionisti, tanto che raramente esso appare sul mercato numismatico e diviene introvabile in buono stato di conservazione.
Vittorio Emanuele III era già conosciuto con l’appellativo di “re numismatico”, in virtù della passione per il collezionismo di monete. Ha dato alle stampe, tra il 1910 e il 1943, i venti volumi del Corpus Nummorum Italicorum, ancora oggi opera fondamentale per lo studio della monetazione italiana. Non solo quindi il gradimento del re era fondamentale per l’autorità che egli ricopriva, ma il suo parere era anche autorevole e competente.
Bisognava realizzare nuovi biglietti artisticamente eccellenti. Eppure, il primo della serie, quello da 25 lire, venne stampato per errore con inchiostro di bassa qualità, che si deteriorava facilmente quando piegato: la veloce scoloritura deturpava disegni e soprattutto l’effige del Re. Come già narrato dal professor Guido Crapanzano nel volume Soldi d’Italia, non sappiamo quali furono le reazioni di Vittorio Emanuele III ma, senza ritirarli ufficialmente, i biglietti vennero tolti dalla circolazione gradualmente, comunque ogni volta che venivano presentati in un ufficio pubblico o Istituto di credito.
Il Tesoro non venne più autorizzato alla realizzazione di esemplari da 25 lire e questo privilegio fu concesso nel 1918 ai tre Istituti di credito che già si occupavano dei Biglietti di Banca da 50 a 1000 lire. Con queste premesse, è facile intuire come il progetto del nuovo 10 lire richiedesse maggiore impegno e ancora attenzione alla cura dello stile e dei particolari grafici. Lo stesso Vittorio Emanuele III, probabilmente al fine di evitare una nuova gaffe, con Regio Decreto del 29 gennaio 1905 già registrato alla Corte dei Conti il 13 febbraio 1904, aveva istituito presso il Ministero del Tesoro una Commissione permanente tecnico-artistico-monetaria che si occupasse “dell’esame dei coni delle monete e di ogni altra questione relativa alla monetazione”.
Della Commissione facevano parte: il Ministro del Tesoro (Presidente); il Direttore generale del Tesoro (I Vice Presidente); prof. Solone Ambrosoli, Roma (II Vice Presidente), Direttore del Gabinetto numismatico di Brera a Milano; prof. Tommaso Di Lorenzo (Membro), Direttore della Regia Calcografia, Roma; Ercole Gnecchi (Membro), Milano; Francesco Gnecchi (Membro), Milano; Federico Johnson (Membro), Industriale, Milano; Marcella Lancelot-Croce (Membro), Scultrice, Roma; Primo Levi (Membro), Pubblicista, Roma; Grande ufficiale Prof. Giulio Monteverde (Membro), Senatore del Regno, Scultore, Roma; prof. Antonino Salinas (Membro), Direttore del Museo Archeologico di Palermo, Palermo; Giovanni Tesorone (Membro), Napoli; Domenico Trentacoste (Membro), Scultore, Firenze; prof. Adolfo Venturi (Membro), Insegnante della Regia Università di Roma, Roma; Il direttore capo di divisione preposto ai servizi di Zecca e monetazione; un segretario amministrativo del Ministero del Tesoro che avrebbe svolto le funzioni di segretario della commissione.
Erano stati selezionati i migliori profili tra quelli disponibili. Molti sono legati indissolubilmente alla numismatica, talvolta nell’ambito della cartamoneta, come Tommaso Di Lorenzo, che ha inciso con Andrea Bianchi il biglietto da 50 lire della Banca d’Italia del 1915 disegnato da Giovanni Capranesi.
Più che mai in quel contesto era necessario affidarsi a una mano esperta, possibilmente scelta tra gli artisti ai quali l’Officina si rivolgeva usualmente per la realizzazione di biglietti e, più spesso, di francobolli e valori.
Il disegno del nuovo biglietto da 10 lire venne curato da Giovanni Maria Mataloni, noto artista romano dell’epoca, considerato uno dei padri del moderno cartellonismo italiano, nonché pittore e decoratore, titolare della cattedra di nudo presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma, al 222 di Via di Ripetta, maestro tra gli altri di Umberto Boccioni. Si occupò dell’incisione la mano esperta di Alberto Repettati, già incisore presso l’Officina di numerosi francobolli e figlio di Enrico, il quale aveva diretto per vent’anni il reparto incisioni dell’Officina Carte Valori di Torino.
In pochi mesi la collaborazione aveva dato i suoi frutti e la Commissione permanente aveva espresso parere favorevole alla bozza. Pertanto, con Decreto Luogotenenziale numero 232 del 30 gennaio 1916, vennero approvati i “segni distintivi e caratteristici del nuovo biglietto di Stato da 10 lire”. Il testo così recita:
“I biglietti di nuova forma da lire dieci da emettersi dallo Stato pel servizio di scorta, in sostituzione di quelli logori e danneggiati dello stesso taglio che si ritirano dalla circolazione, saranno impressi a diversi colori su carta color cenere filigranata a doppio effetto, ed avranno i segni e i distintivi caratteristici qui appresso indicati, e cioè:
Le dimensioni dei biglietti misurate sul RECTO, esclusi i margini e la matrice, sono di millimetri 61 in larghezza e di millimetri 99 in altezza.
La filigrana della carta, guardata contro luce dal RECTO, rappresenta la cifra 10 in scuro e parzialmente lumeggiata, compresa fra due file orizzontali di perline bianche, ed è situata nella parte centrale del biglietto.
Il RECTO del biglietto si compone di tre parti: il FONDO, l’ORNATO ed il TESTO:
(a) il FONDO è un rettangolo costituito dalla sovrapposizione di due differenti disegni consistenti il primo in un “guilloche” simmetrico ed uniforme color grigio violaceo; l’altro in diversi motivi geometrici color bruno cupo, di svariata forma e struttura, foggianti ventagli nei quattro spazi angolari del biglietto, linee a solenoide lungo i lati orizzontali superiore ed inferiore del biglietto, raggiere, rosette, festoni, figure gobbe ed un ampio reticolato nelle rimanenti parti del biglietto. Nell’interno dell’anzidetto reticolato, liberamente spaziante in piccoli quadrettini, sono visibili una miriade di piccoli numeri 10, perfettamente allineati nel senso dei lati del biglietto;
(b) l’ORNATO, in color bleu-nero, è un rettangolo uguale a quello del FONDO, chiuso superiormente ed inferiormente da motivi geometrici simulanti la forma di pizzi e trine, lateralmente da motivi in linea bianca a forme gobbe. Esso comprende:
(1) A sinistra del riguardante, un grande medaglione contenente l’Effige di S. M. Vittorio Emanuele III su fondo sfumeggiato, veduta per tre quarti – medaglione limitato in alto ed in basso da due listelli con perline, su ciascuno dei quali viene ad adagiarsi un mosaico geometrico avente tra le sue linee intercalanti tanti circoletti racchiudenti il numero 10.
(2) Nella parte mediana, una grande targa in bianco destinata a lasciar libera e visibile la filigrana della carta, targa fregiata lateralmente da motivi geometrici arieggianti la forma di merletti, inferiormente da motivi a forme gobbe a linea bianca, fiancheggianti lo Scudo Sabaudo sormontato dalla corona Reale, superiormente da forme involute, pure a linea bianca, simulante l’architrave della targa stessa.
(3) Nella parte a destra, un’altra targa contornata sopra e sotto da due listellini di perline a ciascuno dei quali listellini è adagiato un mosaico analogo al precedente, comprendente, cioè, fra le sue linee, tanti circoletti con entrostanti tanti piccoli numeri 10; nell’anzidetta targa è destinata a ricevere le firme del cassiere speciale e del delegato della Corte dei conti.
(c) Il TESTO è stampato in bleu–nero, ed occupa le parti mediana e destra del biglietto: nella parte mediana, in carattere stampatello, ed in carattere bastoncino leggesi, su quattro linee:
Regno d’Italia | Biglietto di stato | A corso legale | Legge 7 aprile 1881, n. 133, serie 3, nella parte destra, su tre linee, in eleganti caratteri stampatello pieno filettato, nel contorno, sta la leggenda: VALE | DIECI | LIRE
e di seguito, su altre due linee, sono stampate in nero le firme del Cassiere Speciale “G. dell’Ara” e del Delegato della Corte dei Conti “Righetti” – Superiormente ed inferiormente all’anzidetta leggenda ed al grande medaglione del Re, trovansi le indicazioni delle serie e del numero proprie di ciascun biglietto, stampate in nero, in duplicato, e diagonalmente opposte in cifre arabiche. A sinistra del riguardante, ed a breve distanza del rettangolo limitante l’ORNATO, vi è la matrice del biglietto tagliata parzialmente;essa è costituita da due leggende una sovrapposta all’altra: la prima in carattere stampatello inclinato a tratteggio, ed in colore bruno cupo porta le parole “DIECI LIRE”, l’altra, in carattere maiuscolo inglese ed in color bleu–nero, porta le parole “REGNO D’TALIA”.
Esternamente al RECTO, nel margine bianco orizzontale inferiore del biglietto, si leggono stampate in carattere bastoncino piccolo, le indicazioni seguenti: a sinistra del riguardante “G. M. MATALONI Dis.”; a destra “Alb. REPETTATI Inc.”
IL VERSO del biglietto comprende il FONDO e l’ORNATO.
(a) Il FONDO è un rettangolo avente le stesse dimensioni di quelle del recto e consiste in un finissimo “guilloche” stampato in color giallo
(b) L’ORNATO in color azzurro, è racchiuso in una cornice rettangolare costituita da leggiadre rosettine a linea bianca, intercalate da piccole crocette e contornata internamente ed esternamente da due filetti mistilinei. – Vi primeggiano due belle robuste figure nude d’uomo, simboleggianti l’industria e l’agricoltura, e due graziose cornucopie, finemente ornate con perline bianche, le quali, abbracciando a forma d’ovide la parte superiore del biglietto, versano nella parte inferiore una vasta leggiadra ghirlanda di eleganti motivi geometrici in linea bianca.
Nella parte centrale del VERSO in parola, a somiglianza di quanto osservasi nella corrispondente parte del RECTO, riscontrasi una elegante targa in bianco, destinata alla filigrana della carta. Ai lati della detta targa stanno due parastre finemente ornate, su ciascuna delle quali spiccano l’indicazione “10 lire” e due targhettine portanti le leggende, sulla parastra sinistra “creato con Decreto Luogotenenziale…….. N° ……….” Sulla parasta destra “Reg.° alla Corte dei Conti il…………..”.
Come frontone della targa anzidetta, stanno due motivi geometrici di forma gobba, a linea bianca, ornati di perline di graziosa, varia grandezza, i quali sorreggono una cartella leggermente sagomata, che porta la leggenda delle comminatorie legali contro i falsari. Questa leggenda, composta da maiuscolette in carattere bastoncino moderno, è stampata in azzurro su fondo color giallo, trovasidistrbuita su otto linee e così espressa:
“La legge punisce i fabbricatori di biglietti falsi, chi li introduce e li usa nel Regno e chi avendoli ricevuti per veri, li rimette in circolazione dopo conosciuta la falsità”.
I rimanenti spazi liberi dell’ORNATO di cui tratta sono occupati da un grazioso mosaico in azzurro comprendente una infinità di numeri 10, il quale serve a dar maggiore risalto e spicco alle figure, ed ai motivi campeggianti nell’ornato stesso.
Sul margine bianco esterno al VERSO, lungo il lato destro del biglietto, leggesi stampata in carattere bastoncino piccolo, l’indicazione: “Officina Gov. Carte Valori – Torino”.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 30 gennaio 1916 | TOMASO DI SAVOIA | Carcano.
Luogo del Sigillo V. Il Guardasigilli: Orlando | Registrato alla Corte dei Conti addì 5 marzo 1916. | Reg. 126 Atti del Governo a t. 75. C. Melograni
Ma inaspettatamente l’entrata in circolazione del biglietto venne interrotta, probabilmente per le fasi concitate della guerra, forse perché era atteso il ritorno del re. Sta di fatto che si continuò a stampare biglietti da 10 lire con l’effige di Umberto I grazie a nuovi decreti di emissione del 1917, del 1923 e del 1925. Non solo, per un ulteriore decennio non si provvide ad emettere ulteriori esemplari, tantomeno un nuovo modello, in favore della moneta metallica.
Troppo tempo era passato da quando Vittorio Emanuele III sedeva al trono del Regno d’Italia e da qualche anno la sua figura era affiancata da quella di Benito Mussolini. Il duce comprendeva come la cartamoneta potesse rappresentare uno strumento per veicolare i messaggi e simboli dell’Impero, risparmiando denaro rispetto alla produzione di monete in argento. Così che,
con regio decreto 874 del 20 maggio 1935-XIII, venne autorizzato il ritiro dalla circolazione delle monete di argento in favore dell’emissione di biglietti di Stato da 1, 2, 5 e 10 lire.
Si presentava l’occasione giusta per riproporre il lavoro di Mataloni. Finalmente poteva essere ricompensato l’impegno dell’artista. Sarebbe stata necessaria solo qualche una piccola modifica che consentisse l’inserimento del fascio littorio all’interno del disegno.
Vennero artigianalmente realizzate alcune prove sulla base di quelle del 1916. Inizialmente si pensò di poter inserire due fasci littori, per tutta l’altezza della stampa, sui bordi destro e sinistro. Ma in seguito la scelta ricadde verso uno spostamento al centro, sfruttando gli stessi elementi come cornice per la filigrana.
Di questo biglietto modificato venne realizzato un cliché e di conseguenza una prova, incollata come le altre su cartoncino, che fu sottoposta all’attenzione di Benito Mussolini, il quale scrisse il suo commento a penna sulla stessa: “è semplicemente orribile, è super-balcanico! Mussolini”. Questa prova, rimasta inedita per circa 80 anni, è stata venduta dalla casa d’aste londinese Spink’s il 28 aprile 1998.
Bastonato così dal duce, il biglietto da 10 lire di Mataloni, ritornò nuovamente un progetto e sembrava ormai impossibile che potesse entrare nei portafogli degli italiani. Infatti nel nuovo Istituto Poligrafico dello Stato, fondato proprio da Mussolini il 6 dicembre 1928, venne realizzata una nuova cartamoneta da 10 lire con disegno diverso, più congeniale all’Impero, raffigurante l’effige del re in divisa militare sul fronte e Minerva sul retro. La prima emissione fu del 1935, a cui seguono quelle del 1939, 1940 e 1944. Di lì a poco vennero stampati anche i tagli da 1, 2 e 5 lire.
Nel 1944, con l’Italia divisa tra fascisti e antifascisti, Giovanni Maria Mataloni muore a Roma e con lui sembra morire definitivamente quel biglietto, descritto in un decreto del 1916 e giacente presso Officina Carte-Valori dell’Istituto Poligrafico dello Stato.
Ma la storia, fin lì avversa, concede giusta gloria in extremis a quel progetto per un “nuovo” biglietto da 10 lire. Nonostante l’incertezza politica renda impossibile prevedere la forma di governo che sarebbe sorta, la guerra sembra ormai indirizzata verso una vittoria delle forze alleate. La serie di biglietti inneggiante all’Impero e alla guerra, male si concilia con il nuovo quadro storico-politico.
Così, il 23/11/1944,venne approvata la stampa di una nuova serie di Biglietti di Stato da 1, 2, 5 e 10 lire con la generica intestazione “ITALIA”, che ben rispecchiava la fase transitoria e incerta. I tre tagli più piccoli furono creati da zero, ma per l’esemplare da 10 lire venne rispolverata quella prova, ormai quasi trentenne, ma ancora vogliosa di mostrarsi al grande pubblico.
Era necessario solo un lieve restyling al fronte, perlopiù teso asostituire l’effige di Vittorio Emanuele III con una testa di Giove vista di profilo e lo scudo coronato del Regno con un motivo ornamentale. Il compito di collaborare virtualmente con Alberto Repettati venne affidato a Mario Baiardi, noto ai più per aver inciso alcune delle più belle banconote italiane della Banca d’Italia durante la Repubblica. Ne troviamo la firma in basso nel riquadro a sinistra. La filigrana originaria è sostituita da elementi floreali ripetuti e sovrapposti lungo la parte centrale, così lo spazio bianco che inizialmente avrebbe dovuto contenerla viene “colorato” con un motivo di fondo tenue, accompagnato al retro dalla cifra “10”.
Il Biglietto di Stato da 10 lire di Giovani Maria Mataloni entrò in circolazione dopo la proclamazione della Repubblica Italiana, come dimostrano le firme apposte sul biglietto e circolò per circa 10 anni, “non oltre il 31 dicembre 1956 per la sostituzione dei biglietti di Stato, da lire 1, 2, 5 e 10 con nuove monete metalliche di lega “Italma” di uguale valore”. Per molto più tempo è stato conservato e sarà riposto negli album di migliaia di collezionisti.
Quella donna così bella, che aveva onorato invano Vittorio Emanuele III, offesa da Mussolini, ormai rassegnata a rimanere sola, aveva trovato finalmente marito